Buonasera, laboratorianti!
Innanzitutto voglio ringraziarvi per la prima lezione del LAB e per la bella partecipazione; spero che vi sia stata utile e vi abbia dato un primo punto di partenza per affrontare il lavoro che ci aspetta e i vostri futuri.
Vi ricordo che l’esercizio è stato caricato nella cartella Drive del LAB che trovate in alto nella sezione dell’Area Riservata, e che la scadenza della consegna è lunedì 23 entro le 18:30.
Nella cartella del LAB trovate anche la registrazione della lezione di ieri, 18 settembre (nel file "Registrazioni" e il romanzo lavorato ieri "18set_Monteluce" che verrà aggiornato di lezione in lezione insieme ai commenti di Celeste che ci invierà la prossima settimana.
Nel post di oggi, parliamo del tempo.
No, non del tempo del tipo che bel sole, che pioggia!, ma del tempo che impieghiamo nel nostro lavoro. Lo scorso anno ho pubblicato un annuncio di ricerca collaboratrici (non è andata come previsto, purtroppo, quindi sono ancora single) e mi sono dovuta scervellare sulla paga oraria da offrire, sul tempo minimo di cui avevo bisogno, su quello massimo e in cosa, effettivamente, questa persona potesse aiutarmi.
Nonostante io lavori da anni in editoria, nel corso del tempo e con i cambiamenti di vita privata (che condizionano il lavoro, poiché mai dovrebbe essere il contrario), il tempo impiegato in determinate attività ha subìto non poche – e non poco drastiche – modifiche. Per alcune cose (come le letture integrali, la scrittura delle IV, l’editing in secondo giro), ho diminuito il tempo di lavoro, perché le svolgo molto più velocemente dell’inizio; per altre, invece (come la stesura dei preventivi, dei contratti, le prove gratuite), ho notato che il tempo si prolunga inesorabile, poiché mi concentro su attività più complesse, sapendo che queste attività, seppur fondamentali, me ne rubano troppo. Insomma: il tempo è cambiato.
Eppure, una delle primissime cose che ho dovuto imparare all’inizio del mio percorso è stata proprio il saper gestire le scadenze, il tempo impiegato al lavoro, e il saper distinguere un tempo di qualità/produttività da uno di necessità. Dunque, iniziamo da questa distinzione.
Il tempo di qualità/produttività è quel tempo impiegato a svolgere effettivamente il lavoro. Quello speso per l’editing, per le letture, per le call (alcune, non tutte), per la scrittura delle sinossi o delle IV eccetera.
Il tempo di necessità è quello speso a formulare preventivi, a svolgere le prove gratuite (il nostro rischio d’impresa), a rispondere alle mail, a fare pubblicità, a fare call che si sarebbero potute risolvere con una mail eccetera.
Partendo da questa distinzione, mi sono resa conto (ormai da un bel po’) che il tempo di necessità sovrastava quello di qualità, e questo è un buon segnale: significa che avete tanto lavoro, tante richieste. Allo stesso tempo, però, è il tempo di qualità/produttività a dover essere al centro del lavoro (cos’altro, altrimenti?), perlomeno per quanto riguarda l’editing.
Ora, veniamo al nocciolo di questo approfondimento: come strutturare al meglio il nostro tempo di qualità? Quello che vi espongo appena sotto è il mio metodo, che nasce e si modella secondo le mie esigenze di vita e le mie comodità, quindi potrebbe non essere il vostro, ma potete prenderne spunto.
Il mio cervello lavora meglio al tempo di necessità di mattina e nel tardo pomeriggio (questo articolo lo sto scrivendo alle 8:24, e ricordo di aver scritto la sua bozza dopo le 18:00 di un lunedì di agosto), quindi solitamente se ricevete una mia mail è o molto presto o molto tardi, questo perché per me, le mail, sono tempo di necessità. Dovete pensare alla suddivisione della vostra giornata e farvi qualche domanda: quand’è che riesco a scrivere meglio una mail con un preventivo (necessità)? Quand’è che so concentrarmi bene su progetti ripetitivi (come la stesura di un contratto), e quando su attività produttive (come l’editing, dunque qualità/produttività)?
Ad esempio, le mie letture integrali e il lavoro di editing si svolgono principalmente fra le 14:00 e le 18:00, mentre cerco di fissare le call di mattina, per quanto possibile, poiché so essere più ricettiva e sono decisamente meno stanca rispetto alla fine della giornata. Inoltre, nonostante non lo sopporti, lavoro meglio e più velocemente sotto pressione: mi ritrovo spessissimo a iniziare cose (mail importanti, editing, letture, progetti nuovi) poco prima del pranzo o della cena, come se il dover “correre” per finire qualcosa entro un determinato tempo mi spingesse a farlo meglio. Più velocemente. È una cosa buona? Probabilmente no, ma è come funziono io, e ci posso fare ben poco. Dunque, prima di tutto, imparate a capire come funzionate voi.
Ora, qualcosa di più pratico: come stimare il nostro tempo?
Un consiglio su tutti, a prescindere dal metodo che avete: cronometratevi.
Quanto ci mettete a leggere un cartella? E una cartella fantasy? E una rosa? E una scritta benissimo? E una scritta malissimo?
Quanto ci mettete a editare una cartella? E le variabili dette sopra?
Stimate con precisione il tempo di lavoro di qualità, prima di fare un preventivo, e cronometratevi per capire, anche, quand’è necessario fare una pausa. Per esempio, di mattina io inizio solitamente entro le 9:00 e la prima pausa è verso le 11:00, così ho ancora un’ora abbondante prima di pranzo. Nell’ultimo anno, poi, per cambiamenti di vita (che dovete considerare) ho preso l’abitudine di svegliarmi prima del solito, quindi capita che sia alla scrivania, lavata, vestita e con 100 millilitri di caffè in circolo, entro le 8:00. Nel pomeriggio, invece, inizio di solito alle 14:00/14:30 e faccio una pausa alle 16:00 per riprendere dalle 16:30 alle 18:00/18:30. Quando possibile, stacco prima. In tutta la giornata, il tempo si suddivide in necessità e qualità/produttività.
Provate a studiare una vostra giornata, senza imporvi, all’inizio, degli orari: quando sentite che è il momento di fermarvi? E quanto dura solitamente la vostra pausa? Ad esempio, io non sforo mai la mezz’ora e magari ne faccio di più e più brevi, come una di dieci minuti ogni ora. Ma non è una cosa che ho pensato, semplicemente, di nuovo: funziono così.
Dunque, cronometro alla mano: iniziate a leggere due pagine di un romanzo (per una lettura) e fermate il cronometro quando avete finito. Tempo?
Fate lo stesso con le varie attività: editing, cdb, valutazione, beta letture ecc. Quanto tempo impiegate? Vi posso assicurare che, all’inizio, cronometrarvi vi salverà la vita prima di fare un preventivo.
Ora, una volta stimato il vostro tempo, imprevisti esclusi, provate a capire quanto effettivamente riuscite a lavorare di qualità in un giorno. Non si può editare tutto il giorno, vi sfiancherebbe, non pretendetelo. Per esempio, oggi ho editato per quattro ore, suddivise in tre testi diversi. Poi ho letto per una valutazione (un’ora) e per un affiancamento (mezz’oretta). Un totale di sei ore e mezza di “produttività” e due ore circa di “necessità” fra mail e call.
Ovviamente, le ore si devono tradurre in guadagno: ché non si lavora per la bellezza – non solo, almeno. Ma di questo, della romanticizzazione eccessiva del lavoro sui libri, ne riparleremo.
Cronometrarvi, quindi, non è una mania di controllo, ma un modo per calcolare al meglio il preventivo, i lavori che potete gestire in contemporanea e l'impegno richiesto.
In ultimo, vi consiglio di dare un'occhiata all'eccellente (e forse troppo ottimistico) lavoro fatto da Redacta (la costola di Acta in Rete, il sindacato che si occupa dei lavoratori e delle lavoratrici freelance) e al loro "Redalgoritmo" (sì, si chiama proprio così). I prezzi sforano la media di mercato di molto, ahimè, ahinoi, ahi tutti, ma sono un ottimo modo per segnalare la soglia dello sfruttamento in editoria. Di preventivi e di soldi, comunque, ne riparleremo approfonditamente.
Per ora: cronometro alla mano.
Vi ricordo che potete porre domande su argomenti specifici sia sul gruppo TG sia a me via mail, se utili a tutte: risponderò direttamente o attraverso un articolo.
Noi ci risentiamo lunedì.
A presto!
G.
p.s. fatemi sapere come va, sono curiosa!
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