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Immagine del redattoreGloria Macaluso

#29 – Errori che non sono errori

Bentrovate, laboratorianti!

 

Innanzitutto, come sempre, grazie per la partecipazione alla lezione di ieri: ci stiamo avvicinando al traguardo: mancano solo 4 incontri alla fine del laboratorio (dovremo mettere il turbo nei prossimi incontri!) e la parte più “succosa” del romanzo si avvicina.

 

Prima di iniziare, vi ricordo che questo sabato 16 alle ore 10:00 si terrà la seconda lezione bonus a tema freelance e che, se rimarrà tempo, continueremo l’editing su Monteluce.

 

 

Ieri siamo incappate in più riflessioni in merito alla disposizione delle battute di dialogo, ai corsivi, all’uso dei tempi verbali ecc. Ci sono cose, a seconda dei romanzi che abbiamo di fronte, che dobbiamo imparare a non considerare errori, per il principio di cavilleria, ma che dobbiamo riconoscere per ciò che sono: prese di posizione stilistiche, inerenti al testo e alla voce autoriale; possibili “licenze poetiche” o connessioni di senso (come abbiamo visto in merito ai tempi verbali nell’articolo #24).

 

A questo proposito, ecco qualche licenza che dovremmo essere in grado di riconoscere (sempre prestando attenzione al livello del romanzo di riferimento) quando editiamo.

 

Frasi spezzate o incomplete.

Ce lo insegnano alle elementari: soggetto+predicato+complemento. Ma in narrativa la situazione è tutt’altra. Anche se le frasi frammentate raramente vengono contestate (poiché suonano), a volte la nostra precisione ossessiva ci porta a volerle modificare, ma se queste rendono bene nello stile completo e generale del romanzo, non dovremmo estirparle a priori. Non. Dovremmo.

 

Ripetizioni.

Quelle di senso e volute, quelle che ci trasmettono l’importanza della parola, della parola nel contesto; quelle che servono davvero e suonano all’interno della storia, della scena; risuonano nella melodia della narrazione.

 

Anacoluto.

Ovvero una costruzione sintattica disomogenea o decostruita. Io speriamo che me la cavo, certo, ma anche esempi da Manzoni a Pavese. E nei romanzi la costruzione sintattica è, come dicevo ieri, quel nulla-di-più che, sommato, crea quel qualcosa-di-più.

 

Neologismi o parole composte.

Come il mio cavilleria scritto prima, o il celeberrimo petaloso o parola che indicano, di solito, colori: nero-grigiastre, giallo-rossastro o simile.

 

Assonanze e allitterazioni.

Spesso da eliminare, certo, ma ancora più spesso da considerare all’interno della simbologia o dell’immagine che la scena vuole trasmettere; la descrizione, il senso.  

 

In generale, per chiudere, in narrativa è (quasi) sempre il senso, la musicalità, il suono e il sentire a guidare il nostro lavoro, che è professionale, e la nostra lettura. Del sentire (non ricordo se ve l’ho già linkata) ne ha parlato Stefano Izzo in un’intervista che ho avuto il piacere di dirigere lo scorso inverno: QUI.

 

A proposito di stile, ecco qualche titolo che vi consiglio:

 

Bird by Bird (Scrivere), di Anne Lamott QUI

 

The sense of Style (in lingua!) di Steven Pinker QUI 

 

Il mestiere dello scrittore di John Gardner QUI

 

Reading like a Writer (in lingua!) di Francine Prose QUI

 

Brevi lezioni sul linguaggio di Federico Faloppa QUI

 

Oltre a tutti quelli che vi ho già citato! E, naturalmente, alla fonte più preziosa: i romanzi, leggete i romanzi.

 

Vi ricordo che l’esercizio n. 8 è online e la consegna è lunedì alle 18:30.

 

Buon fine settimana, noi ci rivediamo sabato mattina!

A presto,

G.

 

p.s. se volete condividere la vostra esperienza del LAB sui social, con storie, estratti delle lezioni o degli articoli e quant’altro mi sarà di grande aiuto per promuovere la prossima edizione; quindi, fin da ora: grazie!

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